Vitigni autoctoni casertani

Coerentemente con la nostra missione di ambasciatori dei Vitigni autoctoni casertani nel mondo, abbiamo creato questa pagina finalizzata alla divulgazione e diffusione della cultura sui vitigni autoctoni casertani. In questa pagina scoprirete così la storia del Pallagrello, del Casavecchia e del Coda di Pecora di cui siamo gli unici produttori.

Pallagrello

Il Pallagrello è uno dei pochi vitigni al mondo che ha sia il clone a bacca nera (Pallagrello Nero), sia il clone a bacca bianca (Pallagrello Bianco). Il nome del vitigno deriva dalla caratteristica formologica degli acini del grappolo. Nel dialetto locale, infatti, pallarello significa “rotondetto”, con riferimento agli acini del grappolo, che hanno forma piccola e tonda.
Originario della località “Monticello” nel comune di Piedimonte Matese, se ne hanno numerose risultanze storiche, riconducibili secondo alcuni addirittura alla Pilleolata romana. Famosissimo sino a tutto l’Ottocento, se ne traeva uno dei vini favoriti dai Borbone. Questi, che lo tenevano in gran conto, lo offrivano come regalo di pregio ai propri ospiti e lo includevano, con il nome di “Piedimonte rosso” (dalla zona pedemontana del Matese), tra i vini presenti nei menu e nelle carte dei vini per le grandi occasioni, accanto ai più titolati vini francesi. Le infestazioni di oidio e fillossera dei primi anni del Novecento, ne decretarono una veloce scomparsa ed un sostanziale oblio nonostante le indubbie qualità  ampelografiche.
La nostra azienda vinicola nutre l’ambizione di riportare alla fama regale di un tempo questo nobile vitigno dal quale produciamo il Pallagrello Bianco “Verginiano” e il Pallagrello Nero.

Casavecchia

Il vitigno Casavecchia ha origini poco conosciute e per questo è davvero molto interessante scoprirne le origini.
Una leggenda tramandata tra i contadini ne fa risalire la scoperta in un vecchio rudere noto come  “’a casa vecchia”. Lì fu rinvenuto agli inizi del ‘900 un vecchio ceppo sopravvissuto alle epidemie di oidio e fillossera dell’800, capostipite quindi dell’odierno vitigno Casavecchia. Essendo poco produttivo, spinge naturalmente verso prodotti di alta qualità. Da’ un vino vigoroso, complesso e predisposto all’invecchiamento, soprattutto se affinato in legno.
Registrato tra i vitigni autoctoni casertani molto recentemente (2002), la nostra cantina ha deciso di produrlo in purezza sia nella versione solo acciaio “Lautonis” sia nella versione denominata “Montemaggiore” con passaggio in tonneau per 18 mesi, data la particolare predisposizione per l’invecchiamento in legno.

Coda di pecora

Il vitigno Coda di Pecora, da non confondersi con il Coda di Volpe, è il vitigno che ci rende ancora più orgogliosi della nostra avventura. Infatti, siamo gli unici produttori di vino che commercializzano in purezza questo vitigno.
Il suo nome deriva anche qui dalla forma del grappolo che assomiglia alla coda di pecora, come appellativo dato dai contadini indigeni che lo coltivavano. Dopo tanti anni di confusione tra Coda di pecora e coda di volpe, nel 2005 abbiamo eseguito l’esame del DNA che ne certifica l’autenticità e avviato l’iter per la registrazione tra i vitigni riconosciuti ufficialmente dal Ministero. In attesa del completamento dell’iter di registrazione, non potendo utilizzare il nome del vitigno in etichetta abbiamo scelto come nome commerciale un inglesismo, Sheep.
Finalmente nel 2023 si è concluso l’iter di riconoscimento ed il vitigno CODA DI PECORA BIANCA è ufficialmente entrato nell’elenco nazionale dei vitigni autorizzati alla produzione di vini al numero 954.
La sua storia, parzialmente riscoperta dopo anni di studi, risale ad una prima citazione pubblicata da Frojo nel 1875 che lo cita nei suoi lavori sulla viticoltura in Campania. Ma vari studiosi concordano che le sue origini possano risalire ai tempi della Magna Grecia. In merito alle sue peculiarità vi riportiamo una recensione che ci ha fatto particolarmente piacere: “Un vino che prorompe nel bicchiere come uno dei più grandi bianchi del mondo. Il bouquet è un trionfo di fiori che inebria come in piena primavera. In bocca stordisce la sua potenza aromatica: molto sapido e un pizzico minerale, nel finale offre frutta matura a polpa bianca. Vino da bere voluttuosamente, con piena gioia.

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