Cinque amici di liceo scoprono e rilanciano la Coda di Pecora
Ma quante storie ci regala il vino. Tutte belle. Come questa di Formicola, piccolo comune dell’Alto Casertano vicino Pontelatone, cuore dell’areale del Casavecchia. Cinque amici di liceo (Cesare Avenia, Cesare Nacca, Stefano Mingione, Angelo Cavaiuolo e Antonio Barca) continuano a condividere passioni e vita quotidiana, ciascuno nella propria professione dove si è affermato, sino a decidere di creare una cantina e fare vino.
Sembra una delle classiche storielle inventate dal marketing toscano degli anni ’90, invece è la realtà che si trasforma in progetto aziendale quando si decide di imbottigliare e commercializzare il vino quasi per gioco. Nasce così il Verro nel 2003, si costruisce prima la cantina, poi si impiantano i vigneti sino al primo millesimo in vendita, il 2010.
La novità è il cambio di passo con l’ingresso di due grandi professionalità campane: Antonella Amodio, ex responsabile commerciale della Biondi Santi, e l’enologo Vincenzo Mercurio. Si decide di puntare saggiamente sui vitigni autoctoni di territorio escludendo quel merlot invece tanto inutilmente desiderato da chi si avvicina a questo mondo da altri successi professionali. E allora Pallagrello Bianco, Pallagrello Nero, il Casavecchia in due espressioni (ma ne basterebbe una, il Montemaggiore) e il Coda di Pecora.
What? Sì, uno dei cento vitigni campani censiti dalla Regione Campania quando si spendevano soldi per la ricerca e non per tagliare nastri di enoteche fantasma rimasti in sonno, nella memoria contadina. Studiato il dna, eccolo nel bicchiere nel nuovo locale Le Chef nel cuore di Caserta. L’ennesima storia di un Sud che funziona e investe. Lo beviamo sui piatti del giovane Matteo Iannacone: fresco, minerale, piacevole, lungo. Davvero un grande bianco, da spendere sulla cucina di mare oppure, nostro consiglio, su una bella pasta e patate con provola. Il tempo dei ritorni: di un cuoco che ha girato il mondo, di un vitigno contadino e di un’amica ritrovata.